Il nostro Legislatore con la previsione contemplata nell’articolo 570 C.P., ha voluto dare un orientamento rigoristico, verosimilmente originato dall’obbiettivo di contrastare i frequenti tentativi di “camuffare” l’entità delle capacità economiche per sottrarsi ai propri obblighi familiari, la giurisprudenza ha negato, ad esempio, che lo stato di disoccupazione (sovente invocato come causa dell’inadempimento) possa di per sé escludere la capacità economica dell’obbligato (v., ex multis, Cass., sez. VI, 15 febbraio 2005, Pegno, in Ced Cass., rv. 231453, e in Foro it., Rep. 2005, Voce Assistenza familiare, n. 10), o che la dichiarazione di fallimento osti all’adempimento dell’obbligo (v. Cass., sez. VI, 21 settembre 1994, Di Castro, in Giust. Pen., 1995, II, 387).
E’ interessante come con la sentenza n. 6597/2011, abbia aperto ad un orientamento giurisprudenziale “più umano” soprattutto nei confronti di coloro che pur essendo obbligati a rifondere l’assegno di mantenimento al figlio minorenne, a causa di crisi economica e perdita di lavoro rischiavano anche di essere condannati penalmente.
Quindi ai sensi di questo orientamento giurisprudenziale non realizza il reato di cui all’art. 570 comma 2 n. 2 c.p., per difetto del requisito della concreta capacità economica dell’obbligato, il genitore sordomuto che non adempia l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento stabilito in favore della figlia minore, in quanto, titolare del solo reddito pensionistico per invalidità, si trovi in una persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le proprie esigenze di vita (nella specie, a fronte di un reddito pensionistico d’invalidità di circa 3150 euro l’anno, l’importo dell’assegno di mantenimento da versare in favore della figlia minore era stato determinato nella misura di 150 euro mensili).
Con tale sentenza, la VI sezione della Cassazione ha affermato la necessità di effettuare un serio accertamento in ordine alle concrete possibilità economiche di un genitore di garantire, ai sensi dell’art. 570 comma 2, n. 2, c.p., i mezzi di sussistenza ai figli.
Il Supremo Collegio ha sostanzialmente statuito che il giudice a quo nelle sue valutazioni ai fini decisionali deve adeguatamente tener conto della situazione in cui si trovava l’indagato (civilmente obbligato ai sensi della sentenza del giudice civile) i giudici di legittimità in sostanza giungono ad un verdetto assolutorio con formula piena (perché il fatto non sussiste), censurando in particolare la circostanza che la Corte d’Appello, pur avendo accertato le condizioni di estremo disagio economico dell’imputato, avesse poi escluso che ciò bastasse ad esimere il genitore dall’adempimento dell’obbligo di mantenimento nei confronti della figlia minore.
Per il favor mostrato nei confronti dell’obbligato al mantenimento, la decisione della Corte di Cassazione non sembra in sintonia con la tendenza finora prevalente in giurisprudenza, ove di regola si riconosce l’impossibilità ad adempiere solo in ipotesi del tutto eccezionali (ad. esempio, la detenzione coatta del soggetto obbligato, in presenza di determinate condizioni: Cass., sez. VI, 16 maggio 1997, Ricciardi, in Riv. pen., 1998, 46; oppure la sussistenza di gravi patologie fisiche o psichiche: Cass., sez. VI, 18 novembre 2004, in Foro it., 2005, II, 198).
Più in generale, si può osservare che gran parte della Giurisprudenza subordina ad un doppio e concorrente limite (oggettivo/soggettivo) di rilevanza la possibilità di invocare legittimamente lo stato di incapacità economica.
Sotto il profilo oggettivo, non è infatti ritenuta sufficiente la circostanza che l’obbligato versi in una situazione di difficoltà economica (come, ad esempio, la condizione di disoccupato), dovendosi altresì dimostrare la sussistenza di una vera e propria indigenza, che non consenta materialmente, in tutto o in parte, di poter garantire i mezzi di sussistenza agli aventi diritto (v. App. Caltanissetta, 27 settembre 2005, D.M.G., in Giur. Merito, 2006, 1511, con nota di Pezzella; Cass, sez. VI, 25 giugno 1999, Morfeo, in Ced Cass., rv. 216826, e in Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 7).
Sotto il profilo soggettivo, è poi generalmente richiesto il carattere involontario e incolpevole dell’indisponibilità economica: non escluderebbe il reato, dunque, non solo l’indigenza determinata da una scelta volontaria dell’obbligato (come nel caso di dimissioni dal posto di lavoro preordinate a creare un’apparente impossibilità di adempiere: v. Cass. 18 febbraio 1989, Canto, in Riv. pen., 1991, 224), ma anche quella causata da un comportamento imprudente o negligente (come nell’ipotesi del disoccupato che non si attivi per procurarsi un lavoro: Cass. 23 gennaio 1997, Parisella, in Cass. pen., 1998, 2024; o di chi non faccia valere il diritto alla continuazione del rapporto di lavoro con l’esercizio di mansioni compatibili con la sua parziale invalidità: Cass., sez. VI, 30 novembre 1995, Cangelli,, in Giust. Pen., 1997, II, 11).
L’accertamento in concreto dell’impossibilità di adempiere, la Giurisprudenza ha fissato ulteriori e stringenti parametri.
Per un verso, si è ritenuto (v. Cass. 13 novembre 2008, Lupo, in Ced Cass., rv. 242853, e in Foro it., Rep. 2009, voce cit., n. 6) che la reale condizione reddituale dell’obbligato non possa essere desunta dalla mera documentazione formale; specie quando sia presumibile, in base a circostanze concrete (come, ad esempio, l’accensione di un mutuo per l’acquisto di un immobile), l’esistenza di ulteriori (pur se occulte) fonti di reddito che concorrono a formare l’effettiva capacità patrimoniale del soggetto: v. Cass., sezione VI penale, sentenza 9 aprile 2010, Burgio, inedita.
Per altro verso, si è costantemente affermato che grava sull’obbligato l’onere della prova, o quantomeno l’onere di allegare tutti gli elementi ritenuti utili a dimostrare l’incapacità economica (v. Cass. 15 febbraio 2005, cit.).
Spesso capita nelle aule di tribunale che l’obbligato si autoriduca volontariamente l’importo dell’assegno di mantenimento senza in sostanza che all’uopo si pronunzi alcun organo giudiziale.
Nel caso di autoriduzione dell'assegno di mantenimento, appunto, la rilevanza penale come inadempimento dell'obbligo di prestare i mezzi di sussistenza sussiste nei soli limiti in cui l'entità della somma non sia idonea ad assicurare il necessario per vivere ai familiari (Cass. Sez. VI, 17 maggio 2004 n. 32508).
Da quanto sopra emerge come la Corte di Cassazione abbia concesso ai genitori che a causa di problemi economici non da loro voluti, di non incorrere in sentenze penali di condanna che, a volte, non avevano altro scopo che inasprire la situazione economico-familiare già esasperata.
Avv. Marco Mariscoli