Le Sezioni Unite con la decisione n.15 del 28 aprile 2016 hanno offerto un nuovo punto di vista riguardo alla liceità delle intercettazioni captate attraverso l’utilizzo di strumenti non convenzionali quali ad esempio i virus informatici . La Corte affera che: "se - anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l'attività criminosa - sia consentita l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l'installazione di un "captatore informatico" in dispositivi elettronici portatili", come ad es. personal computer, tablet, smartphone. Innescata dall'ordinanza Cass. sez. VI, 10 marzo 2016, n. 13884, in dissenso con una decisione della stessa VI sez. 26 maggio 2015 n. 27100, la questione - così come emerge dall'informazione provvisoria della Suprema Corte - è stata risolta affermando la legittimità di tali strumenti captativi, non solo con riferimento a procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica (a norma dell'art. 13 d.l. n. 152 del 1991), intendendosi per tali quelli elencati nell'art. 51, commi 3 bis e 3 quater, c.p.p., ma anche a tutti i procedimenti comunque facenti capo a un'associazione per delinquere, con la sola esclusione del mero concorso di persone nel reato.
Tale soluzione contiene alcuni due profili di criticità: l'uso del Trojan sarebbe legittimo, sotto un profilo operativo. Non essendo possibile, stante la sua diffusività limitarne gli ambiti e gli spazi, si tratterà di verificarne a posteriori se siano stati violati gli ambiti oggettivi e soggettivi legislativamente preclusi. In altri termini, invece di intervenire a garanzia dei diritti in via prioritaria, si consente un'applicazione ed un utilizzo indiscriminato dello strumento, salvo verificare successivamente se l'attività di captazione si è svolta in modo adeguato.
Il problema reale appare quello per cui trattandosi di verifica ex post con riguardo alla legittimità del mezzo di ricerca di prova nel caso specifico, una volta dimostrato che si tratti di acquisizione illecita di dati specie se di terze persone, che fine faranno i dati stessi? Va, altresì, considerata la mancanza di previsioni sanzionatorie per quanto captato nelle ipotesi di un esito processuale che smentisca la ricostruzione di una Procura. Porre l'efficienza dello strumento investigativo al centro del ragionamento, piegando alla sua micidiale invasività l'intero sistema processuale, significa non solo dimenticare i valori della Costituzione, ma tradirne il significato più alto, in virtù del quale al centro stanno i diritti e le garanzie e ad essi vanno parametrati i limiti e le modalità di utilizzo degli strumenti dell'investigazione.
Il Supremo Collegio sembrerebbe allargare in maniera apparente mente eccessiva il concetto di reato di criminalità organizzata e terroristica di cui all'art. 51 comma 3 bis e 3 quater ad ambiti a questa configurazione estranei. Infatti, la disciplina derogatoria dell'art. 13 d.l. n. 152 del 1991 fa esclusivo riferimento ai delitti di "criminalità organizzata".
Avv. Marco Mariscoli