Cass., VI Penale, sent. 6 giugno 2014 (dep. il 28 agosto 2014), n. 36382, Antinoro
Cass., VI Penale, sent. 6 maggio 2014 (dep. 9 settembre 2014), n. 37374, Polizzi.
In materia di scambio elettorale politico - mafioso, la legge 17 aprile 2014, n. 62 ha sostituito il testo dell'art. 416-ter codice penale. L’intervento del legislatore ha rimodulato la fattispecie relativa alla condotta di chi accetta la promessa di voti riconducibili all’attività di organizzazioni di tipo mafioso e introdotto una nuova figura di illecito penale con riferimento alla condotta di chi promette di procurare voti con le modalità di tipo mafioso. Oltre alla estensione dell’ambito della controprestazione di chi ottiene la promessa di voti ad altre utilità, il legislatore è intervenuto sul contenuto delle promesse inserendo la locuzione: “procurare voti mediante la modalità di cui al terzo comma dell’art. 416-bis ”, funzionale all’esigenza di punire non il semplice accordo politico-elettorale, del candidato o di un suo incaricato, con il sodalizio di tipo mafioso, bensì quell’accordo avente ad oggetto l’impegno del gruppo malavitoso ad attivarsi nei confronti del corpo elettorale con le modalità intimidatorie connesse al suo modo di agire. E’ necessario quindi che la promessa abbia ad oggetto il procacciamento di voti nei modi, con i metodi e secondo gli scopi dell’organismo mafioso. Risulta prevalente l’interesse della tutela dell’ordine pubblico, in pericolo a causa della criminale collusione politica - mafia, rispetto all’interesse al corretto svolgimento delle consultazioni elettorali considerato solo in via strumentale (Cass. Sez. 1^, sent. n. 27655 del 24/01/12, Macrì; Sez. 6^, sent. n. 18080 del 13/04/2012, Diana; Sez. 1^, sent. n. 27777 del 25/03/2003, Cassata). Una diversa interpretazione, ha reputato sufficiente, ai fini del perfezionamento del reato, la semplice stipula del patto di scambio, contemplante la promessa di voti contro l’erogazione di denaro (Cass. Sez. 1^, sent. n. 32820 del 2/03/2012, Battaglia; Sez. 6^, sent. n. 43107 del 9/11/2011, P.G. in proc. Pizzo e altro), anche se quest’ultima interpretazione giurisprudenziale sembra piuttosto finalizzata ad escludere la materiale erogazione del denaro o la conclusione di patti aggiuntivi, vincolanti l’uomo politico, ad operare in favore dell’associazione in caso di vittoria elettorale. Ai sensi del nuovo art. 416-ter, pertanto, le modalità di procacciamento dei voti debbono costituire oggetto del patto di scambio politico-mafioso, in funzione dell’esigenza che il candidato possa contare sul concreto dispiegamento del potere di intimidazione proprio del sodalizio mafioso e che quest’ultimo si impegni a farvi ricorso, ove necessario.
La consumazione del reato di scambio elettorale politico-mafioso precede l’acquisizione dei suffragi essendo centrata sulla mera conclusione dell’accordo (Cass., Sez. I, sent. n. 32820 del 2/03/2012; Sez. V, sent. n. 4293 del 13/11/2002). Il compimento di singoli atti di intimidazione o di sopraffazione, semmai oggetto delle intenzioni del promittente, costituisce un post factum alla condotta tipica (cfr. Cass., sez II, sent. n. 22136 del 19/02/2013). La fattispecie si atteggia quindi a reato di pericolo (Cass., Sez. VI Penale, sent. 6 maggio 2014, n. 37374, Polizzi); essa si fonda a ben vedere su consolidate regole di esperienza: l’assoggettamento di aree territoriali e settori sociali alla forza del vincolo mafioso costituisce uno dei profili essenziali del fenomeno che si vuole prevenire e/o reprimere con l’art. 416-ter c.p. a tutela del libero esercizio individuale e collettivo di diritti e facoltà (bene strumentale all’ordine pubblico). La tesi accolta dai giudici di legittimità è che la fattispecie di reato di cui all’art. 416-ter c.p., presuppone la presenza radicata sul territorio di una associazione di stampo mafioso che si occupa anche di condizionamento del voto e lo eserciti al servizio di terzi anche facendo ricorso al pagamento di somme di denaro in cambio della promessa. Ciò che è essenziale alla configurazione del reato è l’intervento di componenti dell’associazione di stampo mafioso nel condizionamento del voto e l’intervenuta promessa della corresponsione di denaro (o altre utilità), in cambio del procacciamento di consenso (cfr. Cass., Sez. VI, sent. n. 19525 del 17/04/2014). Ciò che caratterizza il reato in questione è la particolare qualità di “mafioso” del promittente che potenzialmente esercita un condizionamento diffuso e fondato sulla prepotenza e la sopraffazione (Cass. Sez. V, sent. n. 23005 del 22/01/2013); la qualità soggettiva del promittente, consente all’interprete di cogliere le differenze esistenti tra l’art. 416-ter c.p. ed i reati di cui agli artt. 96 e 97 del T.U. delle leggi elettorali (Cass., Sez. I, sent. n. 3859 del 14/01/2004).
Altra questione in rilievo è se l’art. 416-ter c.p., quale ius superveniens, costituisca o meno legge più favorevole per l’imputato ai sensi dell’art. 2, co. 4, codice penale. Il giudice di legittimità ha dato risposta positiva (cfr. Cass., sez. VI, sent. n. 36382/14): nella fattispecie incriminatrice, è stato introdotto un nuovo elemento costitutivo, tanto da rendere irrilevanti condotte pregresse consistenti in mere pattuizioni politico–mafiose che non abbiano espressamente contemplato il procacciamento dei voti secondo modalità di tipo mafioso; di conseguenza, ai fini della punibilità, occorre la piena rappresentazione e volizione da parte dell’imputato, di aver concluso uno scambio politico-elettorale implicante l’impiego, da parte dell’organizzazione criminale di riferimento, della sua forza di intimidazione e costrizione della volontà degli elettori. L’individuazione della norma più favorevole, infatti, va operata in concreto mediante il confronto dei risultati che deriverebbero dall’effettiva applicazione di ciascuna di esse alla fattispecie in esame.
Avv. Giampaolo Leggieri