In tema di requisiti di ammissibilità dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, merita spunti di riflessione quanto deciso dal Tribunale penale di Roma, Ufficio GIP che ha accolto il reclamo presentato da un cittadino del Bangladesh che si era visto dichiarata inammissibile la sua domanda.
Preliminarmente, va precisato che l’istante – indagato in un procedimento penale - aveva fatto domanda per essere ammesso al gratuito patrocinio, allegando all’istanza non la dichiarazione consolare attestante i redditi prodotti all’estero (ovvero nel suo paese di origine), bensì una autocertificazione dei redditi stessi.
Autocertificazione che si era resa necessaria in quanto l’Ambasciata della Repubblica Popolare del Bangladesh in Italia, su richiesta dell’interessato, attestava di “non essere in possesso di informazioni relative al reddito prodotto in patria dai propri connazionali. Tali informazioni si possono avere solo facendone richiesta alle autorità competenti in Bangladesh, ma ciò richiede molto tempo”.
Con ordinanza del 28 febbraio 2014 il GIP presso il Tribunale penale di Roma dichiarava inammissibile l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dal cittadino extracomunitario, sul presupposto della mancanza di valida attestazione dell’autorità consolare circa i redditi prodotti all’estero.
Sul punto - specificava il GIP - trattandosi di soggetto non appartenente all’Unione Europea troverebbe applicazione l’art. 4 co. 3 Dpr 445/00, di modo che rimarrebbe esclusa l’efficacia autocertificativa circa la produzione o la titolarità di redditi all’estero.
In altre parole, a detta del Giudice, in caso di soggetti extracomunitari la produzione di valida attestazione dell’autorità consolare è requisito indispensabile ai fini dell’accoglimento dell’istanza, non sostituibile con un’autocertificazione atteso che la stessa si fonda esclusivamente su dichiarazioni rese dall’interessato.
Avverso l’ordinanza di rigetto e per il tramite del suo avvocato, l’istante promuoveva ricorso osservando che l’art. 79, co. 2 T.U. Spese di Giustizia non ravvisa alcuna inammissibilità della domanda a causa della mancanza di attestazione consolare circa il reddito del richiedente.
Al riguardo, la Suprema Corte ha rilevato come “tale sanzione è prevista solo nel primo comma della citata norma, che specifica le modalità di compilazione ed i contenuti della domanda di ammissione al beneficio, e nel terzo comma, con riguardo alla produzione documentale necessaria ad accertare la veridicità di quanto dichiarato, ove richiesta (Cass., Sez. IV, sent. N. 21999, 26.02-26.05.2009).
Prosegue il ricorrente deducendo che il T.U. Spese di Giustizia disciplina all’art. 94, co. 2 l’ipotesi di impossibilità (concetto che, peraltro, come affermato dalla cassazione non può essere assunto in termini assoluti) di produrre la documentazione consolare relativa ai redditi prodotti all’estero, riconoscendo allo straniero la possibilità di sostituirla con una propria dichiarazione.
E quindi, concludeva il ricorrente, se la stessa Autorità consolare aveva dichiarato di non essere in possesso di informazioni relative al reddito di cittadini del Bangladesh, ne consegue che, ove detta attestazione venga ritenuta insufficiente ad integrare il requisito previsto dall’art. 79, co. 2 T.U. Spese di Giustizia, dovrà ritenersi integrata la fattispecie di cui all’art. 94, co. 2 TUSG, avendo il ricorrente prodotto un’autocertificazione sostitutiva dell’attestazione consolare che è stato impossibilitato a produrre.
In riforma della declaratoria di inammissibilità della domanda di ammissione al gratuito patrocinio, con ordinanza dell’1-12-14 il GIP chiamato a decidere sul ricorso accoglieva l’impugnazione promossa dal cittadino del Bangladesh, rilevando come l’autocertificazione possa sostituire la dichiarazione rilasciata dall’Ambasciata ogni qual volta quest’ultima si trovi nell’impossibilità di attestare i redditi prodotti all’estero.
Nella motivazione si legge, infatti, che il ricorrente “si è trovato nell’impossibilità effettiva di provare per il tramite dell’Ambasciata l’assenza di redditi e che non può farsi carico al predetto dell’impossibilità dell’Ambasciata stessa di certificare l’assenza di reddito”, avendo “a tale situazione l’indagato ovviato fornendo un’autocertificazione”.
Avv. Marco Cesaretti